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DIE WELT: 2006-09-24

Friday, September 29, 2006


Joseph Seigenthaler

Quando per caso si scopre l'universo di un tale artista non si può che rimanere affascinati dalle forme, dai colori e dalle espressioni ricche e profonde.
Joseph Seigenthaler é un artista americano nato a Nashville. Da qualche tempo stavo pensando a preparare un'esposizione intitolata "We are Animals" e trovo tra le immagini di questo artista le forme e le prosepttive delle quali avevo bisogno.

Lascio la sua Home page a tutti coloro che volessero entrare in questo scenario iperealista dai colori spenti e dai volumi che riportno ad un'età dell'abbondanza degenerata ad un'infanzia sfrenata e senza pudore.

Wednesday, September 27, 2006


"[...]Come può mai la giustizia soccombere in nome di ciò che è giusto? Come é possibile una simile contraddizione? E' possibile, si rispose, perché una maledizione attraversa il mondo, e tutto questo lo prova; proprio questo ne é la prova. Da qualche parte, nel più profondo dei livelli, il meccanismo, quello che riguarda la struttura stessa delle cose, s'é rotto, e da ciò che ne é rimasto affiora la necessità di commettere ogni sorta di oscuri errori, quegli stessi errori che una scelta più saggia un tempo ci avrebbe fatto soltanto prefigurare. Un tale guasto deve essersi verificato migliaia di anni fa; da allora in poi s'é infiltrato nella natura stessa delle cose[...]"

Apro con questo passaggio di "Un Oscuro scrutare" (Fanucci editore, 2006) questo blog, soccombendo ad una manifesta autoreferenzialità: la critica dello strumento, passa necessariamente per lo strumento stesso, poiché le possibilità offerte depassano di gran lunga quelle dei media tradizionali chiusi nei loro castelli ed inaccessibili alle masse desiderose di deversare la loro quotidianità sulla rete.
Quello che mi ha catturato in questo passaggio é la sua capacità di sintesi di un pensiero che si mi si era cristallizzato in testa tempo fa durante una lunga conversazione con un buon amico: le discussioni di tutti i giorni, al bar, tra colleghi, ma anche sui sempre più diffusi plateaux televisivi, mettono in luce come esista una divergenza plateale, sfacciata direi, tra quelle che sono le cause e le soluzioni ai problemi che ci circondano (parliamo qui di problemi d'ordine generale e d'interesse pubblico) date dall'uomo comune e dalle elite culturali e quelle che sono le risposte e le cause addotte dalla classe dirigente.
L'idea é semplice: come é possibile che delle decisioni palesemente sbagliate, controproducenti da un punto di vista economico (contraddizione massima), eticamente ambigue vengano costantemente scelte e privilegiate dalla classe politica a livello globale, nonostante i palesi e mostruosi segnali d'avvertimento o reali catastrofi questi abbiano provocato?
I soli interessi (a breve termine) economici possono giustificare da soli tali decisioni? O non si tratta puttosto di (e ritrovo qui l'interesse della citazione) di una sorta di marcescenza legata alla possibilità di decidere per l'altrui vita e più in generale di una lassitudine generalizzata, che é presente a tutti i livelli della società, ma che éclate, scoppia, con gli effetti più spettacolari a livello globale.
Come dicevo tutti siamo in grado di fornire le soluzioni più semplici e adatte ai problemi del mondo e non ci spieghiamo come mai tali scelte non siano condivise ed applicate da coloro i quali hanno il potere di farlo. E scomparso il sovrano illuminato? Sono finiti i grandi presidenti dal carisma di ferro o non sono mai esistiti?
Ebbene a me sembra che sia il riflesso del singolo, che amplificato dalla moltitudine, si trasformi in difetto.
Lo status quo: coloro che hanno le capacità per poter entrare a far parte delle élite condividono o meno (all'inizio) i valori e le ideologie delle élites dominanti. Se li condividono il loro percorso é segnato, se non li condividono possono giocare d'astuzia ed entrare nei ranghi del potere manifestando una falsa adesione all'ideologia dominante, conservando per la propria cerchia d'amici le vere idee e convinzioni. Ma queste idee con gli anni, nascoste al buio, tenute lontane dal mondo reale non riescono ad attecchire, a contaminare altre persone. Al contrario, i sacrifici ai quali, chi inizialmente credeva in un'idea si é sottoposto, iniziano a pesare e a far crescere la frustrazione ed il desiderio di autorealizzazione, di soddisfazione personale e di rivalsa.
Il sistema riproduce se stesso ed in tal modo si protegge eliminando sul nascere gli elementi devianti.
Ancora più profondamente.
Le basi della critica sono minate. Chi istruisce i nostri figli? A quali stimoli sono sottoposti? Coloro dai quali potrebbero nascere idee nuove sono drogati con idee facili da assimilare, preconfezionate e bla bla bla....
Allora arriva internet il nuovo media, il nuovo messia: un megafono dato a ciascuno per farsi udire tra la folla. La rivoluzione, si dice, é cominciata. Ma ecco nascere la cacofonia : mille megafoni non servono più per far sentire la propria voce, ma solo per parteciparte al coro comune (questo blog stesso), per esserci. E la falsa idea di libertà e di potere dei nuovi media, in realtà annega nella vastità di internet. Certo esistono mode e movimenti che arrivano a raggiungere una massa critica tale da provocare delle reazioni, ma il contatto fisico ed il dialogo diventano inutili: il media é uno schermo tra l'attore e la realtà, che crea dipendenza.
Tutta l'nformazione che riceviamo é fatta di immagini e suoni riprodotti, trasdotti, decodificati e per definizione dista,nti dalla sorgente. Il nostro interagire non può più fare a meno dello strumento per avere luogo. Tutto il modno é davanti a noi, a nostra disposizione, ma si tratta di un mondo fatto d'onde e di colori primari sovrapposti. Quando scendiamo per strada abbiamo già agito, abbiamo già discusso, abbiamo già contribuito al bene della società gridando -nero su bianco- le nostre idee. Siamo liberi dunque di ignorare ciò che accade e di continuare a far parte integrante della società tanto disprezzata e criticata dal nostro peseudonimo che blogga.
La situazione é allo stallo dunque. Siamo tutti spettatori iper-informati di ciò che accade in ogni parte del mondo, ma di quale mondo stiamo parlando? L'attenzione rivolta a tanti problemi, lo stress, il senso di colpa agiscono come un potente anestetico che ci protegge dalla eccessiva complessità del mondo.
Il risultato é l'incapacità di reagire all'attuale corsa verso lo sfacelo. Lo sfacelo del mondo che ci appare dai telegiornali, dalle radio e dalle pagine internet: le denuncie di violazione dei diritti umani, di catastrofi ecologiche, di conseguenze nefaste della delocalizzazione e della totalità di problemi che vogliono attirare la nostra attenzione (la celebre attrice che parla della fondazione tal dei tali, le pubblicità per sensibilizzare l'attenzione) cui abbiamo accesso che ci portano a concentrarsi, a nasconderci nel nostro microcosmo domestico, con le sue estensioni (auto, luoghi pubblici con ingresso a pagamento, giardini con guardiani, le case dei nostri amici), evitando lo sguardo e la permanenza nella realtà delle nostre città, che, per quanti sforzi si facciano per nascondere e spostare, portano i segnali forti del degrado e della miseria dell'inquinamento che arrivano da lontano e non solo.
Ma non é tutto cosi' negativo, mi si risponderà, l'opinione pubblica lentamente, ma costantemente, apprende a consumare meglio, a spostarsi utilizzando i trasporti pubblici, impara a reciclare i rifiuti, le manifestazioni mostrano una capacità dei cittadini a scendere nel mondo reale e a manifestare la propria volontà contro le decisioni dei governi (vedi guerre, vedi CPE in Francia etc.) dunque vi é una lenta evoluzione verso un miglioramento una presa di coscienza.
Quello su cui vorrei portare l'attenzione é che NOI, stiamo facendo la nostra rivoluzione, che noi iniziamo a voler passare alle auto a idrogeno, alla raccolta differenziata, allo sviluppo sostenibile, che NOI iniziamo a capire quanto l'iper-consumo possa essere pericoloso, quanto la mano invisibile sia stata sottovalutata e lasciata senza controllo. I paese occidentali, ricchi e sazi ora decidono che si debba cominciare a rallentare, a tirare un po' la cintura a fare dei sacrifici. Ma che impatto avrà il nostro (lento) cambiamento di mentalità se dall'altra parte, intere popolazioni che non hanno mai avuto accesso a tutta l'abbondanza di cui noi ora siamo saturi vorranno provare, vorranno svilupparsi. Siamo sicuri di volere che i paese del terzo mondo si sviluppino? Siamo sicuri di essere consci di quello che significa? Chi può pensare che il loro sviluppo non seguirà le tappe dello sviluppo industriale moderno con tutti gli errori dei quali noi cominciamo a renderci conto. Siamo ingrado di imporre alla Cina, all'India uno sviluppo non basato su carburanti fossili? Siamo in grado di poter dire attenzione cosi non si fa, bisogna fare dei sacrifici per non utilizzare troppa energia poiché le risorse sono limitate.
Per dove passerà lo sviluppo dei paesi del terzo mondo? Attraverso l'utilizzo di quali risorse? Quelle che noi sfruttiamo già? Quelle che diventano sempre più rare? Chi può biasimare le discariche a cielo aperto, lo sfruttamento cieco e incontrollato delle risorse naturali, chi può dire, e con quale autorità, "Hey, state attenti perché le risorse sono limitate. Attenzione a non distruggere le vostre foreste e a non inquinare i vostri fiumi". Noi europei senza foreste e senza pesci nei nostri fiumi? Noi europei che viviano in città grige di carbone che solo ora iniziano a ridare spazio al verde? La nostra credibilità é estinta come il Dodo e ho paura che purtroppo le armi che tanto disprezziamo potranno un giorno servirci a difenderci da coloro ai quali abbiamo tolto tutto e ai quali vogliamo chiedere, oggi, di rinunciare al loro avvenire.